MARIN FALIERO


MARIN FALIERO E LE SUE MONETE


di


Sergio ROSSI








Il venerdì 17 aprile (è forse da qui che è incominciata la credenza di giornata/numero porta-sventura?) del 1356 veniva decapitato il Doge Marino Faliero per alto tradimento, del quale però non esiste un ritratto abbastanza attendibile.
Nato verso il 1285 , poco si conosce della sua giovinezza fino ai trent'anni, quando lo si ritrova membro del Consiglio dei Dieci, una delle più alte cariche veneziane, e con numerosi incarichi sia politici che militari, tutti assolti con grande dignità e fierezza, come ad esempio l'assedio di Zara del 1345.
Di antico casato, che probabilmente proveniva da Fano, Marino Falier era ricchissimo ed aveva ulteriormente aumentato il potere della sua famiglia, dove già c'erano stati due dogati: il Doge FALIER DODONI Vitale dal 1084 al 1095 ed il Doge FALIER DODONI Ordelaf (anagramma di Faledro) figlio di Vitale dal 1102 al 1118. Quest'ultimo fu trucidato a Zara, sepolto a S.Marco e definito come "Re dei Re e correttore delle leggi". Si può notare quindi come nel regime del Doge vi fosse ancora il concetto di potere assoluto. E questo è un concetto molto importante, che probabilmente ha influenzato in misura notevole anche Marino Falier.
Alla morte di Andrea Dandolo, egli fu eletto, al primo scrutinio, Doge di Venezia, l'11 settembre 1354, mentre si trovava ad Avignone come ambasciatore presso il papa Innocenzo VIº. Arrivò a Venezia il 5 ottobre sul Bucintoro, come tradizione voleva. Qui avvenne un disguido che fu subito interpretato "estremamente di cattivo augurio" in quanto, essendo una giornata di nebbia, la barca dovette attraccare al centro del molo, sulla piazzetta, ed il corteo dogale passò perciò tra le due colonne di San Marco e San Teodoro, dove venivano eseguite le condanne a morte.
Per la sua ambizione di grandezza, e per il suo carattere violento, anche il dogato non era sufficiente ad un uomo come Marin Faliero, soprattutto perchè in quel tempo vi era un forte ristagno economico, di cui il popolo "borghese", formato da artigiani ed industriali, si lamentava fortemente. Ciò perchè la concorrenza con Genova , dopo la sconfitta veneziana di Portolongo, si era fatta insopportabile.
Dal 1350 al 1355 Venezia passò infatti un momento estremamente delicato; la guerra con Genova, la precedente guerra coi veronesi e la peste avevano creato gravi difficoltà economiche con il commercio stagnante, con la scarsa circolazione monetaria, con un forte aumento del numero dei poveri, e con tassi d'interesse lievitati del 40%.
Allora nella mente di Marino, anche per l'offesa patita da un giovane patrizio Michele Steno nei riguardi della moglie Aluica (Lodovico di Niccolò Gradenigo), scattò l'idea di una congiura per assicurare il dominio della sua famiglia contro l'intera aristocrazia che dominava la città. Si rivolse pertanto a coloro che, finanziariamente potenti, erano però esclusi dalla politica. Fra essi, si può ricordare Bertuccio Israello, proprietario di navi, Filippo Calendario, tagliapietra e ricco proprietario di barconi, ed un certo Bertrando Bergamoso, ricchissimo pellicciaio.
La data dell'insurrezione era stata stabilita per il 15 aprile 1355. Con le armi ci si doveva impadronire del Palazzo Ducale, uccidendo i membri dei vari Consigli; successivamente era previsto di eliminare tutta la nobiltà assieme ai loro figli, di sopprimere il Maggior Consiglio e nominare infine il Doge "Signore di Venezia".
La congiura fallisce per un'incauta confidenza del Bergamoso ad un suo amico, il patrizio Nicolò Lion. I congiurati vengono subito arrestati e sottoposti a tortura. In questo modo si viene a sapere che il capo dei congiurati è il Doge in persona. La città è posta in stato d'allarme da parte dei patrizi armati e quindi la congiura viene stroncata sul nascere. Il 16 aprile vengono condannati e giustiziati Bertuccio Israello e Filippo Calendario, cui seguono altri nove congiurati. Il 17 aprile è la volta di Marino Falier ad essere giudicato e condannato, per alto tradimento, ad essere decapitato. La sentenza venne eseguita nel Palazzo Ducale a porte chiuse nello stesso posto dove, prima di cingere la corona ducale, il Doge Marin Faliero aveva prestato giuramento di osservare la "promissione". Il boia, con la spada ancora insanguinata, gridò da una loggia:"Guardate tutti che è stata fatta giustizia del traditore". Il corpo rimase esposto per un giorno su una stuoia con accanto la testa tagliata. La sera del 18 aprile, il cadavere fu posto in una gondola e portato senza alcuna pompa alla sepoltura, costituita da un cassone di pietra che fu messo dapprima in un angolo di una cappella nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo.



Successivamente il cassone, svuotato e rimosso, fu utilizzato come serbatoio per l'acqua dell'ospedale civile e trovò infine la sua collocazione, privo di stemmi ed iscrizioni, nella loggia esterna dell'antica sede del museo Correr.
Per lo scampato pericolo, Il giorno 16 aprile, per Decreto del Consiglio dei Dieci, divenne festa Nazionale ed il luogo della parete della sala del Maggior Consiglio, dove avrebbe dovuto essere posta la sua immagine, venne dipinto di azzurro con la scritta a lettere bianche:


HIC FUIT LOCUS SER MARINI FALETRI
DECAPITATI PRO CRIMINE PRODITIONIS


Dopo l'incendio di Palazzo Ducale del 1577 fu messo invece un drappo nero con una scritta un po' diversa:


HIC EST LOCUS MARINI FALETRI
DECAPITATI PRO CRIMINIBUS


Interessato e stupito da questa storia, nel 1820, il BYRON fece un riuscito dramma dal titolo MARINO FALIERO.

Le monete di questo doge (ducato in oro, soldino d'argento, ed il tornese) sono tutte assai rare, soprattutto per la breve durata del suo dogato (sette mesi). Ugualmente Marin Faliero è diventato senz'altro il Doge più famoso del mondo. Questo è un fatto molto curioso, perchè la repubblica cercò in ogni modo di cancellarne il ricordo. La sentenza con la pena capitale non fu trascritta nel libro IVº dei Misti, al posto della quale si legge un "NON SCRIBATUR". La campana che fu suonata al momento della sua condanna per indicare che essa era stata eseguita, non fu piu' suonata, pena la morte, come decise il Consiglio dei Dieci e fu messa senza battacchio nella chiesa di San Marco.
È solo per tradizione numismatica, che si sostiene che le monete di questo doge vennero incettate per ordine della Signoria e rifuse per cancellarne la memoria. La rarità soprattutto del ducato di questo Doge è dimostrata dal fatto che dall'inizio secolo ad oggi esso è stato offerto in pubbliche aste solo tre volte.





CARATTERISTICHE DELLE MONETE


DUCATO :
Oro titolo 1000, grammi 3.559.
DR :San Marco porge il vessillo al Doge, ,
lungo l'asta DVX; dietro il santo ;
RV : Il Redentore benedicente in un'aureola ellittica cosparsa di
stelle, quattro a sinistra, cinque a destra

SOLDINO :
Argento titolo 0.965, grammi 0.552.
DR : Il doge inginocchiato tiene con ambo le mani il vessillo
;
RV : Leone rampante coll'orifiamma ;
nel campo si trova l'iniziale del massaro.
Esiste una varieta' con al DR: MAIN' (al posto di MARIN) e senza
punto dopo DUX ; al RV: un punto tra MARCUS e VENETI


TORNESELLO :
Mistura, titolo 0.130 circa, grammi 0.724.
DR : Croce patente ;
RV : Leone accosciato, col vangelo tra le zampe
anteriori






BIBLIOGRAFIA


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Olivari M. & Rossi M. 1989. - Monete-Medaglie-Cartamoneta e Libri. Kunst und Münzen. Asta XXVII; Lugano.
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1997, August 22