Le Monete dei Malatesta
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 Le Medaglie dei Malatesta






Malatesta, più correttamente Malatesti, era un'antica famiglia feudale che tra il XIII° e il XV° sec. ebbe le Signorie di Rimini, Cesena, Pesaro, Fano, Senigallia e, per breve tempo, anche quelle di Bergamo e Brescia.

Le origini dei Malatesta probabilmente risalgono a un certo Giovanni di Ravenna (VIII° sec.), anche se per alcuni l'origine della stirpe potrebbe anche risalire ai romani: un documento degli inizi del XII° sec. attesta con sicurezza la presenza dei Malatesta nel Riminese.

Il nome di "Malatesta" sarebbe stato dato ad un Rodolfo, vissuto nel X° secolo, per la caparbietà e l'arditezza con cui tenne testa a Papi e Imperatori.

Nel XIII° sec. la dinastia risultò divisa in due rami: i Malatesta di Sogliano e quelli di Verrucchio. Quest'ultimo attraverso una linea collaterale discesa da Malatesta III° Guastafamiglia e Carlo II° originò la linea attuale dei Malatesta Ripanti ascritti alla nobiltà romana nel XIX° sec.

Nel 1216 ottennero la cittadinanza riminese un Giovanni (secc. XII°-XIII°) e un Malatesta delle Penne o Pennabilli († 1248 circa), che forse erano gli stessi che nel 1197 giurarono fedeltà al Conte imperiale di Rimini. Ambedue militarono tra i guelfi con i Gambacerri o Gambacerj, altra famiglia di Rimini, avversando i ghibellini Omodei e Parcitadi.

Rimini nel Rinascimento

La famiglia acquistò progressivamente, nel Montefeltro e tra la Marecchia e il Rubicone, vari possedimenti che nel XIII° sec. divennero abbastanza ampi da consentire ai Malatesta la partecipazione attiva alle lotte civili che sconvolsero la Romagna.

Agli inizi del XIII° sec. il Comune di Rimini fu ghibellino, poi, salvo brevissimi periodi nella seconda metà del secolo, guelfo: Podestà divenne appunto Malatesta Pennabilli.

Suo figlio Malatesta II° da Verrucchio, che Dante chiama Mastino il Vecchio ("il Centenario":1212 - + 1312), fu il vero fondatore della dinastia, imparentandosi con due casate ghibelline. Sposò Concordia, figlia di un funzionario dell'Impero di Federico II°. Nel 1265 vinse i ghibellini locali e nel 1278 prestò omaggio a papa Niccolò II° che aveva ottenuto i diritti, già imperiali, sulla Romagna e le Marche. Dal 1295 alla morte, Malatesta II° fu il “difensore” del Comune, di fatto il Signore assoluto.

Verucchio

Dopo la pace del 1320 segui un altro scontro tra guelfi e ghibellini nel Montefeltro e nelle Marche, sfociato nella concessione di vendita di San Marino ai Malatesta di Rimini, del 1321, autorizzata da parte di Papa Giovanni XXII°. L'alleanza di San Marino con i duchi ghibellini di Urbino aveva efficacemente contrastato l'asse vescovi montefeltrini / Malatesta guelfi di Rimini.
I duchi di Urbino avevano altresì "occupato" San Marino impedendo così ai vescovi di godere dei diritti sanciti nella pace del 1320. Il Vescovo Benvenuto decise di concludere la faccenda concedendo il territorio ai Malatesta in compenso di altri territori. Il permesso fu concesso dal Papa, ma la vendita non fu mai effettuata. Anzi da quell'anno in poi cominciarono le vere disgrazie dei vescovi, culminate nel 1338 con la cacciata del Vescovo Benvenuto da San Leo per mano di Nicolò da Montefeltro.

Il potere dei Malatesta tra la fine del XIII° e il XIV° sec. si allargò a Pesaro (1285), Cervia, Iesi, Osimo, Senigallia, Ascoli. A Fano, dopo vari tentativi, arrivarono solo acquistandola da Guido di Carignano (1340); Cesena cadde in loro possesso nel 1378. Fra il 1348 e il 1350 fu in loro potere l'intera marca di Ancona.

Successori del primo Malatesta furono i suoi figli:

1) Malatestino, soprannominato dall'Occhio, perché cieco da un occhio, Signore di Rimini (1312-1317), che Dante chiama Mastin Nuovo, e dei cui tradimenti tratta molto severamente. Malatestino combatté contro Malatestino di Sogliano, ghibellino, alleandosi col Re Roberto d'Angiò di Napoli. Nel 1295 diventò Capitano e Signore di Rimini. Si oppose poi all'Imperatore Arrigo VII° di Lussemburgo.

2) Giovanni lo Zoppo o Gianciotto († 1304), Podestà di Faenza, Signore di Pesaro, che sposò nel 1275 Francesca da Polenta, da lui uccisa per adulterio.
La storia è nota:
Sembra quasi certo che la tragedia si sia svolta nel castello di Gradara, rocca duecentesca, possente edificio a pianta quadrata, con alte torri angolari, mastio quadrangolare e cortine coronate da beccatelli e da merli.
Non ci sono neppure elementi certi che documentino la celebre storia narrata da Dante nel V° Canto dell'Inferno.
Siamo nel 1275 e Guido da Polenta decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta, detto lo zoppo, che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici. Il capostipite, Malatesta da Verrucchio detto il Mastin Vecchio o il Centenario, concorda ed il matrimonio è combinato. Fu detto a Guido: "-...voi avete male accompagnato questa vostra figliuola, ella è bella e di grande anima, ella non starà contenta di Giangiotto... Messer Guido insistette: - Se essa lo vede soltanto quando tutto è compiuto, non può far altro che accettare la situazione".
Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca i potenti signori di Rimini e Ravenna tramarono l'inganno. Mandarono a Ravenna Paolo il Bello "piacevole uomo e costumato molto", fratello di Giangiotto.
Francesca accettò con gioia ed il giorno delle nozze, senza dubbio alcuno, pronunciò felice il suo "sì" senza sapere che Paolo la sposava "per procura" ossia a nome e per conto del fratello Giangiotto. "...non s'avvide prima dell'inganno, che essa vide la mattina seguente al dì delle nozze levare da lato a sè Giangiotto..."
Pensate alla sua disperazione! Ma ben presto si rassegnò, ebbe una figlia che chiamò Concordia, come la suocera, e cercava di allietare come poteva le sue tristi giornate.
Paolo, che aveva possedimenti nei pressi di Gradara, sovente faceva visita alla cognata e forse si rammaricava di essersi prestato all'inganno. Uno dei fratelli, Malatestino dell'Occhio, così chiamato perchè aveva un occhio solo "ma da quell'uno vedeva fin troppo bene", spiando, s'accorse degli incontri segreti tra Paolo e Francesca. Ed eccoci all'epilogo: un giorno del settembre 1289, Paolo passò per una delle sue solite visite e qualcuno (forse Malatestino "quel traditor" ) avvisò Giangiotto. Quest'ultimo che ogni mattina partiva per Pesaro ad espletare la sua carica di Podestà per far ritorno solo a tarda sera, finse di partire ma rientrò da un passaggio segreto e ...mentre leggevano estasiati la storia di Lancillotto e Ginevra, "come amor li strinse" si diedero un casto bacio. Proprio in quell'istante Giangiotto aprì la porta e li sorprese. Accecato dalla gelosia estrasse la spada, Paolo cercò di salvarsi passando dalla botola che si trovava vicino alla porta ma il vestito gli si impigliò in un chiodo, dovette tornare indietro e, mentre Giangiotto lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo. Così ... Giangiotto li trapassò entrambi con la spada.

Castello di Gradara

3) Paolo († 1283 o 1284), fu dunque ucciso dal fratello di cui aveva insidiato la sposa, erede (per parte della moglie Beatrice od Orabile) del comitato di Ghiaggiolo. Un figlio di Paolo, Uberto (XIII° sec.), dopo aver lottato contro gli zii, riuscì a pacificarli (1299). Da lui prese origine la linea di Valdoppio, estinta nel XVIII° sec.

4) Pandolfo I° († 1326), Signore di Pesaro, Fano e Senigallia. Dopo la morte di Pandolfo I° che, morto Malatestino, aveva anche condiviso la signoria di Rimini con il nipote Ferrandino (1258-1353), questi raccolse da solo l'eredità familiare in Rimini (1326-1331 e 1334-1335): il suo potere ottenne il riconoscimento di papa Giovanni XXII°, ma dovette anche sostenere l'offensiva di Bertrando del Poggetto, sicché alla fine fu soppiantato dai cugini Galeotto (+1385), che nel 1378 liberò Cesena dai Bretoni e Malatesta III° Guastafamiglia (1299-1364), figli di Pandolfo I°.

In questi anni il dominio malatestiano da criptosignoria diventò Signoria a tutti gli effetti, ma con rapporto di vassallaggio verso la Santa Sede: infatti nel 1334 gli statuti del Comune di Rimini vennero riformati, riconoscendo ai Malatesta speciali privilegi.

Contro la politica audacemente espansionistica di Galeotto (signore di Rimini, 1335; di Fano, 1340; di Pesaro, 1373; di Cesena, 1378), il quale ricevette nel 1341 anche un'investitura imperiale, e di suo fratello Malatesta III° Guastafamiglia, il Cardinale Egidio d'Albornoz tentò di combattere mentre ricostituiva lo Stato Pontificio, ma con pochi risultati salvo strappar loro la Marca di Ancona. Dopo l'intervento del Cardinale d'Albornoz, i beni malatestiani furono ridotti a Rimini, Pesaro, Fano e Fossombrone, tenuti col titolo di vicariati papali. Ma il Papa Urbano V° concesse un'ulteriore investitura a Galeotto. Questi, dopo la morte del fratello, regnò con i figli di lui:
Malatesta IV° l'Ungaro († 1372), fu Signore di Rimini (1363-1372) e Vicario Imperiale di Siena (1368), e Pandolfo II° († 1373), fu Signore di Pesaro e amico del Petrarca. Sopravvisse ad ambedue e lasciò le città malatestiane ai suoi figli.

A Pesaro i Malatesta diedero ancora Malatesta V° (1385-1429), che fu anche Consignore di Rimini, uomo d'armi e mecenate.
I suoi figli Pandolfo IV° († 1441), Carlo II° († 1438) e Galeazzo († 1457), che vendette la città agli Sforza (1445).

Gli eredi di Galeotto furono i figli Carlo I° (1368-1429), Andrea († 1416) e Pandolfo III° (1370- 1427), che nel 1392 ebbero l'investitura perpetua dal Papa Bonifacio IX° per le città di cui erano Signori in quel momento:
Carlo I° fu Signore di Rimini (1385-1429);
Andrea Signore di Cesena e Fossombrone (1385-1416 ); dalle sue nozze con Lucrezia Ordelaffi nacque Laura, detta Parisina, che sposò Niccolò III° d'Este.
Pandolfo III° governò Fano (1385-1427) e Cesena (dopo la morte di Andrea). Approfittando della crisi viscontea seguita alla morte del duca Gian Galeazzo († 1402), arrivò ad impadronirsi di Brescia (1404) e Bergamo (1408). Quest'ultima fu da lui acquistata per 30.000 ducati d'oro da Giovanni Ruggero Soardi, in tempi di anarchia militare. Tali città vennero perse rispettivamente nel 1421 e nel 1419.

Stemmi malatestiani

Gli eredi di Pandolfo III° furono tutti illegittimi:
Galeotto II° Roberto († 1432 circa) fu presto esautorato da Sigismondo Pandolfo del governo effettivo di Rimini (1427-1432);
Domenico Novello (1418 circa - 1465), cui toccarono Cesena e Cervia (1432), fu munifico Signore, fondatore della Biblioteca malatestiana di Cesena, ma le sue città passarono rispettivamente alla Santa Sede e a Venezia;
Sigismondo Pandolfo (1417-1468), Signore di Rimini (1432-1468), legittimato insieme con Domenico Novello da Papa Martino V°. Figlio illegittimo di Pandolfo III° Malatesta e di Antonia da Barignano, nacque quasi certamente a Brescia, di cui il padre era Signore. All'età di dieci anni, rimasto orfano del padre, venne a Rimini con i fratelli alla corte dello zio Carlo Malatesta. Questi, privo di eredi, accolse i tre nipoti sotto la sua protezione e ne ottenne dal Papa la legittimazione. Nel 1429, alla morte di Carlo, ereditò la Signoria il primogenito Galeotto Roberto, che due anni dopo abbandonò la vita mondana e lasciò il potere al giovanissimo Sigismondo.
Nel 1433 Sigismondo Pandolfo fu creato Cavaliere dal vecchio imperatore Sigismondo di Lussemburgo, passato per Rimini di ritorno da Roma.
Sposò Ginevra, figlia di Niccolò III° d'Este.
Nel 1437 dette inizio alla costruzione di Castel Sismondo.
Nel 1440, morta Ginevra, Francesco Sforza offrì a Sigismondo la mano della figlia Polissena.
Nel 1444, al termine di una brillante campagna militare, conquistò Senigallia e Mondavio.
Nel 1447, per un ritardo nel pagamento degli stipendi, abbandonò Alfonso d'Argona, di cui era al soldo, e passò al servizio di Firenze. Il voltafaccia gli procurò molti nemici, che lo esclusero dai benefici della pace di Lodi (1454).
Nel 1448 Polissena era morta; Sigismondo, che fin dal 1446 aveva una relazione con la giovanissima Isotta degli Atti, potè infine sposarla nel 1456. Con questo matrimonio, Sigismondo rinunciò ad un matrimonio di stato, da sempre elemento strategico della politica malatestiana.
In onore di questa giovane sposa, fine poetessa, fece erigere il Tempio Malatestiano. Nel 1449 infatti avevano avuto inizio i lavori di radicale rifacimento dell'interno della chiesa di San Francesco, il futuro Tempio Malatestiano.
In molti luoghi del Tempio Malatestiano di Rimini si nota la presenza di elefanti simbolo della Famiglia, assieme alla rosa, dovuta alla presunta discendenza dei Malatesta da Scipione l'Africano.
Nel 1450 fu affidata a Leon Battista Alberti la progettazione dell'esterno.

Tempio Malatestiano. Leon Battista Alberti, 1447-1450, Rimini

Gli anni successivi al 1450 costituirono il momento di maggior splendore della corte di Sigismondo, che, intelligente e generoso mecenate, poeta egli stesso, protesse e si circondò di artisti e intellettuali di fama quali Leon Battista Alberti, Piero della Francesca, Agostino di Duccio, Matteo de' Pasti, Roberto Valturio, Basinio di Parma e numerosi altri.

Uomo sanguigno, fu impegnato in guerra fin dall'età di tredici anni. Tra il 1435 e il 1463 combatté come capitano del Papa Eugenio IV° contro il Re Alfonso d'Aragona, dove fu nominato gonfaloniere della Santa Sede ; in varie occasioni, contro Filippo Maria Visconti e contro Francesco Sforza; al servizio di Venezia, anche contro i Turchi in Morea (1464-1465).
Alla sua morte, i domini dei Malatesta, stretti tra il papato sempre più potente e Venezia, si ridussero però alla sola Rimini.

Sigismondo Pandolfo con Galeazzo Maria Sforza

A Sigismondo succedette il figlio naturale Roberto il Magnifico (1442-1482); legittimato da papa Niccolò V°, Capitano di ventura, Signore di Rimini (1468-1482). Egli dovette lottare contro i Papi Pio II° e Paolo II° e contro Alfonso, Duca di Calabria.
Anche il suo successore fu un bastardo, Pandolfo V° († 1534), che governò sotto reggenza fino al 1492. Venne deposto da Cesare Borgia (1500), restaurato col figlio Sigismondo († 1543) tra il 1522 e il 1523 e tra il 1527 e il 1528.

Con questi due personaggi cessò la Signoria dei Malatesta su Rimini.


Albero Genealogico dei Malatesta


I Malatesta, oltre alle lotte continue e fratricide per cui andarono tristamente famosi e agli sforzi compiuti a ogni generazione per tener saldi i domini della famiglia, come le altre dinastie del tempo, intrecciarono fruttuose alleanze matrimoniali.

Con gli Este si imparentarono in molte occasioni:

Malatesta III° l'Ungaro sposò Costanza di Obizzo III°;
Ugo, altro figlio di Obizzo, sposò una Costanza Malatesta († 1378);
Andrea Malatesta da Cesena sposò Rengarda, avvelenata dai fratelli per infedeltà coniugale;
Niccolò III° d'Este, la Parisina; questa donna malatestiana ispirò la penna del celebre poeta George Byron in quanto amante del bel figlio legittimato di Niccolò III° d’Este, suo marito, e con il quale viene decapitata, una volta scoperta la relazione;
due figlie di Niccolò III°, Margherita e Ginevra, sposarono rispettivamente Galeotto II° Roberto e Sigismondo Pandolfo.

Stabilirono legami matrimoniali con i Gonzaga:

Luigi o Ludovico I° sposò una Caterina (XIV° sec.);
Francesco o Gianfrancesco nel 1393 sposò una Margherita († 1399);
la sorella di Francesco, Elisabetta († 1432), Carlo I°;
Gianfrancesco I°, primo Marchese di Mantova, sposò nel 1419 una figlia di Galeotto, Paola († 1449).
Atonia, figlia di Sigismondo Pandolfo sposata con un Gonzaga, uccisa dal marito per adulterio.

Altro mezzo con cui la famiglia raggiunse potenza fu la condotta militare: Capitani di ventura furono molti dei Signori Malatestiani:
Galeotto e Malatesta III° che parteciparono alle guerre di Bertrando del Poggetto;
Malatesta IV° che combatté col re Luigi I° il Grande d'Ungheria, dal quale fu armato cavaliere (1347);
nel Signore di Pesaro, Malatesta V°, si unirono virtù militari e squisitezze umanistiche;
Carlo II° di Pesaro combatté a Maclodio per Filippo Maria Visconti e cadde prigioniero del Carmagnola (1427);
Andrea condusse milizie per il Re Ladislao di Napoli;
Pandolfo III° prima servì Gian Galeazzo Visconti, poi ne assunse lo Stato di Brescia e Bergamo.

Le rocche più importanti a difesa di questa Famiglia erano dislocate a Sant'Arcangelo di Romagna, a Gradara, a Cesena, a Montefiore Conca, a Mondaino, a Verrucchio ed ovviamente a Rimini con Castel Sigismondo.

Alcune difese Malatestiane: 1. Rocca di Forlì-Cesena; 2. Rocca di Monetfiore; 3. Rocca di Ascoli-Piceno; 4. Mastio di Fano

Il potere dei Malatesta si spegne dunque all' inizio del ‘500: l’ultima grande dama di corte è Violante Bentivoglio. E’ lei, moglie di Pandolfo Malatesta, che paga il disfacimento della famiglia riminese e degli Sforza, finendo in povertà.

Le monete malatestiane

Le medaglie malatestiane